Nursing Up: “attenti a far rientrare al lavoro Infermiere e altri operatori ancora affetti da Covid anche se asintomatici”.

Sanità Sindacato Nursing Up De Palma: «Rientro a lavoro operatori sanitari asintomatici: contraddizioni e pericolose regole discordanti!».

Ci hanno scritto decine di infermieri, denuncia Antonio De Palma (Nursing Up), pronti a rientrare a lavoro con un certificato del loro medico di base che assicurerebbe loro l’idoneità in automatico senza però avere effettuato un nuovo tampone che accerti l’assenza del virus. In due casi ben precisi, e diciamo per fortuna, le asl di Lazio e Toscana, non hanno accettato il rientro in ospedale dei nostri colleghi.

«Il Dpcm del 24 aprile scorso, stabiliva, senza mezzi termini, che dopo essere stati infettati dal virus, per rientrare al lavoro, in qualunque settore, è sempre necessario un tampone dall’esito negativo. Questo valeva anche per gli operatori sanitari. Fin qui tutto chiaro e liscio come l’olio.

A ottobre, però, precisamente il 13, il Ministero alla Salute stabiliva, udite udite, che se sono passati 21 giorni dal test positivo e nell’ultima settimana non ci sono stati sintomi, non servirebbe alcun esame per essere liberati dalla quarantena ma solo un attestato della ASL, che viene rilasciato in automatico se trascorre quel termine.

Chiunque può immaginare l’effetto bomba di queste disposizioni se applicate ai professionisti della salute. Si sta creando una situazione contraddittoria e pericolosa», denuncia inviperito De Palma, Presidente Nazionale del Sindacato Nursing Up. Si corre il rischio di affidare al libero arbitrio dei datori di lavoro la possibilità di far rientrare a lavoro un infermiere che può ancora essere veicolo di contagio.

Senza la prova certa di un tampone negativo, dice ancora il numero uno del Sindacato Infermieri, un operatore sanitario non può e non deve stare a contatto con colleghi e pazienti! Serve una normativa chiara che spieghi tutto questo. Assurdo avere nell’arco di pochi mesi due circolari governative che fanno a “cazzotti” l’una con l’altra. Questo è un pasticcio all’italiana e il rischio è sempre quello: 21 Regioni con 21 approcci sanitari diversi. Tutto a discapito della salute del cittadino ovviamente!».

«Cosa succederebbe, continua De Palma, se in determinate Regioni e/o singole aziende sanitarie non emergesse il buon senso e si decidesse quindi di avallare il parere positivo di un medico di base, e quindi la fine dell’isolamento in modo automatico dopo un determinato periodo di tempo semplicemente senza sintomi, così come dice la circolare ministeriale del 13 ottobre?

Dove sono le normative chiare e certe, quelle che forniscono un’unica indicazione a tutte le Regioni, e che dovrebbero mettere gli operatori sanitari nelle condizioni di comprendere quale è il giusto percorso da intraprendere indipendentemente dalla regione nella quale operano?

Possibile, si chiede De Palma, che quando si tratta di salute dei cittadini siamo così superficiali?»

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