Rinnovo contratto sanità, aumenti a fine anno

Il ministro Brunetta ha firmato l’atto di indirizzo per il rinnovo del contratto nazionale di lavoro del comparto delle funzioni centrali. Auspico che lo sblocco delle trattative consenta di chiudere i contratti collettivi, sanità compresa, con gli aumenti in busta paga entro fine anno, spiega il titolare di palazzo Vidoni.

Contratto Sanità, si cerca di tagliare i tempi per i rinnovi

Renato Brunetta ha firmato l’atto di indirizzo per il contratto del comparto funzioni centrali

È in procinto di partire il contratto della sanità – il cui atto di indirizzo si trova in fase di definizione da parte delle Regioni – che si inserisce nell’atto di indirizzo per il rinnovo del contratto collettivo nazionale del lavoro del comparto delle funzioni centrali (che riunisce ministeri, agenzie fiscali ed enti pubblici nazionali: si tratta di 224.738 dipendenti, stando all’atto di indirizzo), firmato nella giornata di ieri dal ministro per la Pa, Renato Brunetta.

L’impulso fornito, nero su bianco, dal titolare di palazzo Vidoni a Roma potrebbe permettere una veloce conclusione dell’accordo relativo al personale della sanità così duramente impegnato nell’emergenza Covid. L’auspicio è che, se non subentreranno impedimenti di sorta, lo sblocco delle trattative permetta la conclusione dei contratti collettivi, almeno quelli riferiti ai comparti – funzioni centrali, sanità, istruzione e funzioni locali – con i relativi aumenti in busta paga entro la conclusione del 2021, per chiudere successivamente i contratti della dirigenza nei primi mesi del 2022.

Dettato l’indirizzo da perseguire per i numerosi temi comuni che sono destinati a rientrare anche negli altri settori della Pubblica amministrazione: dalla semplificazione delle procedure sulle relazioni sindacali ai fondi integrativi alle progressioni di carattere economico, dalla ridefinizione dello smart working al diritto alla formazione fino all’aggancio alla revisione dell’ordinamento professionale. Al momento, però, ciò che conta è che si sta cercando di tagliare i tempi per i rinnovi.

Probabilmente già nella settimana a venire le organizzazioni sindacali potranno essere convocate dall’Aran (Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni) per dare inizio alle trattative. In questo senso, il calendario supposto nelle stanze di palazzo Vidoni mira all’accordo fra Aran e sindacati in primavera, per coprire entro la fine dell’anno l’articolato iter delle verifiche e non oltrepassare il triennio di riferimento (2019/2021). Va da sé che sono più che serrati i ritmi da tenere per portare i 6,7 miliardi a disposizione di contratti già nei cedolini del 2021.

Come accennato, in scia alle funzioni centrali dovrebbe andare proprio il comparto della sanità, laddove l’urgenza è costituita dalla volontà di riconoscere l’impegno profuso dal settore nell’emergenza pandemica; intenzione che, a livello strettamente economico, è incrementata dal fatto che il rinnovo occorre alla distribuzione di 335 milioni destinati all’indennità di specificità infermieristica, che rimanda al comma 409 della legge 178/2020 (ai fini del riconoscimento e della valorizzazione delle competenze e delle specifiche attività svolte, agli infermieri dipendenti dalle aziende e dagli enti del Servizio sanitario nazionale, nell’ambito della contrattazione collettiva nazionale del triennio 2019-2021 relativa al comparto sanità è riconosciuta, nei limiti dell’importo complessivo annuo lordo di 335 milioni di euro, un’indennità di specificità infermieristica da riconoscere al predetto personale con decorrenza dal 1° gennaio 2021 quale parte del trattamento economico fondamentale).

Più complicato il quadro relativo alla dirigenza, che deve chiarire i dubbi in merito alla geografia delle aree, dopo che l’accordo quadro ha concesso 90 giorni in più per decidere sulla collocazione dei 5mila dirigenti professionali, tecnici e amministrativi della sanità che ad oggi sono disciplinati nel contratto “Funzioni locali”, ma che la Legge di bilancio 2019 (comma 687, “Permanenza nei ruoli della dirigenza amministrativa, professionale e tecnica del Ssn”) ha previsto debbano tornare, appunto, all’interno dell’area sanità.

Come riportato: «La dirigenza amministrativa, professionale e tecnica del Ssn, in considerazione della mancata attuazione nei termini previsti della delega di cui all’articolo 11, comma 1, lettera b), della legge 7 agosto 2015, n. 124, rimane nei ruoli del personale del Servizio sanitario nazionale. Con apposito accordo, ai sensi dell’articolo 40, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, tra l’Agenzia per la rappresentanza negoziale della pubblica amministrazione (Aran) e le Confederazioni sindacali si provvede alla modifica del contratto collettivo quadro per la definizione dei comparti e delle aree di contrattazione collettiva nazionale (2016-2018) del 13 luglio 2016, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 170 del 22 luglio 2016». Un tema complesso, questo, che potrebbe essere oggetto di dibattito sui tavoli Aran già nelle settimane a venire.

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