L’Operatore Socio Sanitario e l’Empatia.

Quando l’essere empatico a volte risente dei problemi personali. L’OSS deve imparare a lasciare a casa ogni preoccupazione prima di entrare in servizio.

Come ogni mattina Bruno, l’Operatore Socio Sanitario, era entrato nella stanza. Rapidamente e con precisione si dedicava alle sue mansioni, così tanto assorto nel suo lavoro da non far neppure caso al saluto di una delle due ospiti di quella camera e continuava il suo lavoro come se lì non vi fosse nessuno. La donna non parlò più, ma si abbandono al torpore nel suo letto e, come esso, divenne un oggetto.

Perché Bruno non si è fermato un momento per ricambiare il saluto? È un uomo buono e sempre ben disposto all’ascolto, ma in lui, quella mattina, avevano prevalso i pensieri e le preoccupazioni personali.

Bruno aveva messo da parte quelle doti umane e di pazienza che gli erano proprie: i ritmi frenetici, il poco tempo da dedicare ai numerosi pazienti, la carenza di personale e lo stress quella mattina avevano avuto la meglio e avevano minato quel rapporto emozionale e di partecipazione che regola le relazioni con il paziente.

La storia di Bruno è quella di un Operatore qualunque che un giorno ha perso di vista, per un momento, il valore portante dell’empatia nel suo lavoro. Un errore fatto perché anche lui è un uomo e in quanto tale può sbagliare, allontanandosi da quello spirito solidale di attenzione e dedizione verso gli altri.

Ci sono lavori che divengono delle vere e proprie missioni e per diventare Operatore socio sanitario serve tanta passione a cui si aggiunge un cuore giusto per aiutare gli altri. Spesso la vita in corsia è molto diversa da quella descritta in aula; ci si trova a dover gestire le paure e le lamentele di persone disorientate, dopo essere state tolte dal proprio ambiente naturale; e si crea così un atteggiamento di chiusura che rende difficile la gestione della quotidianità.

È in questo momento che operatori come il nostro Bruno possono andare in difficoltà ed essere sopraffatti dalla stanchezza, dimenticando per un attimo i bisogni del paziente, fino a negargli quell’ultimo appiglio di umanità.

E’ a questo punto che bisogna aggrapparsi al sentimento dell’empatia che, grazie ad azioni naturali, come possono essere i sorrisi, le carezze o la semplice disponibilità all’ascolto, crea un ponte tra l’Operatore e il paziente. Un canale comunicativo che progressivamente si consolida e che, con pochi minuti di attenzione giornaliera, riesce a ridurre lo stress e la diffidenza migliorando così anche la qualità della vita.

L’Empatia, dunque, è quell’atteggiamento in grado di rendere piacevole l’esperienza sia degli operatori che dei pazienti. Qualche volta ci si allontana da essa, altre sembra impossibile trovare il canale giusto, ma non deve essere mai abbandonata. Essa va coltivata senza dimenticare che ogni persona ha un modo diverso di percepire le cose e gestire le emozioni, questo potrebbe essere non condiviso ma va comunque accettato. L’empatia non è un sentimento nuovo, è nato e si è sviluppato con l’uomo e ancora oggi lo accompagna e lo aiuta nelle scelte rendendo migliore la vita.

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